Don Pino vi trascorse la gioventù e proprio lì davanti fu ucciso
L’immagine di Papa Francesco con la testa china di fronte all'ingresso della casa di don pino Puglisi fece il giro dei telegiornali di mezzo mondo: Bergoglio nel 2018, in occasione della sua visita in città, decise di visitare l’abitazione del parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia. Una deviazione rispetto agli stretti e rigidi protocolli di visita, ma la disse lunga sul rispetto che il Pontefice ha sempre dimostrato per la memoria di Don Pino: Bergoglio arrivò su una macchina semplice, senza strombazzamenti, ricevette un mazzo di fiori da una bimba ed entro in casa, a pochi passi da una folla enorme, in silenzio la visita serena e tranquilla, poi riprese il suo viaggio. Oggi quel casermone sbreccato dove don Pino viveva – ci aveva trascorso la sua giovinezza dal 1969 al 1982, con entrambi i genitori, per poi tornarci nel 1986, dopo otto anni passati a Godrano, e abitarci fino al giorno della sua uccisione – è diventato la quinta casa della memoria, su decisione del consiglio direttivo dell’associazione nazionale che riunisce siti simili, dopo il via libera del comitato scientifico. La casa del Beato Giuseppe Puglisi era già stata dichiarata bene di interesse etnoantropologico e storico dall’assessorato regionale dei Beni culturali, oggi entra nella rete: è stata inaugurata il 25 maggio 2014, ad un anno dalla beatificazione di don Puglisi e a ventuno anni esatti dall'omicidio, avvenuto poco distante dall'abitazione, il 15 settembre 1993. Padre Puglisi compiva quel giorno 56 anni e stava rientrando a casa. Il sito che entra nella rete delle Case memoria è un tutt’uno con piazzale Anita Garibaldi, luogo dell’omicidio. La casa fu acquistata e ristrutturata dal Centro di Accoglienza Padre Nostro che ha trasformato l’ex posteggio di auto tra i casermoni, nel luogo simbolo dove si ricorda la figura del sacerdote, uno spazio vivo e vegeto, non inutilmente e staticamente «musealizzato».
All'interno della casa museo sono esposti libri, mobili, oggetti, indumenti, paramenti liturgici e ricordi appartenuti al sacerdote e ai suoi genitori, custoditi fino ad oggi dai familiari. «Tutto ciò consente di toccare con mano il semplicissimo modo di vivere di don Pino, il rapporto "funzionale" che aveva con gli oggetti e la predilezione che, invece, nutriva per i libri. Ne sono stati trovati circa seimila, trasferiti al Seminario diocesano, tranne alcuni conservati dai familiari. Nel 2019 la Casa di don Pino Puglisi è stata visitata da quasi diecimila persone, tra fedeli, gruppi e semplici appassionati. Il 2020 è ovviamente trascorso senza visite, ma speriamo di riaprirci presto chi vuole conoscere padre Puglisi – spiega Maurizio Artale, che fa vivere il centro Padre Nostro – Al secondo piano della casa avevamo creato un'aula didattica che potesse accogliere anche le scuole, i bambini delle elementari e delle medie a cui veniva spiegava la figura del sacerdote con un linguaggio molto comprensibile. Si è fermato tutto, ma noi non ci siamo arrestati: abbiamo voluto portare "fuori" la casa. Nella garitta di fronte alla casa di Falcone, in via Notarbartolo, abbiamo creato un percorso visuale che racconta padre Puglisi. Un modo per ricordarlo, in un momento in cui è difficile raggiungere Brancaccio: don Pino così è lo stesso in mezzo alla gente, la cosa che amava di più. E vorremmo contattare la nuova sovrintendente per immaginare insieme un museo diffuso che superi i confini del quartiere».
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